lunedì 3 aprile 2017

Space Between


The space between is deafening
Oh, we don't bend, we're breaking
The space between is deafening

Sono le nove e mezza di un lunedì mattina qualunque, e lo sfrigolio delle uova riempie il silenzio del loft. Noah indossa gli strascichi dell'ennesima notte insonne come una corazza, la stanchezza ormai radicata nelle ossa e nulla più che un paio di boxer a coprirne la pelle segnata da troppe cicatrici: il costato è tappezzato da uno stuolo di segni obliqui, in rilievo, che si allargano a ventaglio e dagli avambracci risalgono a leccarne le clavicole sporgenti.
Noah afferra tra le dita un pezzo di bacon ancora crudo e si sporge di lato, lasciando oscillare la carne in attesa che Dougall l'afferri al volo; impiega dieci, quindici secondi a realizzare che il posto solitamente occupato dal pittbull è vuoto.

--
« Ho deciso che voglio un cane. »
« Che è, sei stanco di essere l'unico che sta perennemente a quattro zampe? »

Il cazzotto gli colpisce il nervo della spalla con una precisione chirurgica, brutale, strappandogli un gemito che oscilla tra la risata e la bestemmia. Ezra gli mostra il medio della mano destra e scopre i denti come un cane rabbioso; mancano una manciata di giorni al suo compleanno, e sono settimane che tormenta Noah con richieste fittizie, vuote, fatte solo e soltanto per rompergli i coglioni.

« Dico sul serio, voglio prendermi un cane. »
« Cristo, non ti si sopporta quando ti prendono i cinque minuti del cacazzo. Che ci devi fare con un cane? Come lo curi? Te lo porti in missione? »
« Abbiamo detto che questa è l'ultima, no? »
« Ultima, prima, decima: io non lo voglio un sacco di pulci in mezzo ai piedi. »
« Infatti me lo devo prendere io, mica tu. »
« E pigliati sto cazzo di cane. Pigliati un pinguino, un iguana, piglia il cazzo che ti pare, basta che non me lo piazzi in casa. »
« Allora è deciso, ci prendiamo un cane. » 
« Ezra... »

L'avviso che scavalca le labbra di Noah è un richiamo seccato, ruvido, che si scontra con un l'imitazione di un pianto fittizio. Ezra sbuffa e si lamenta nascondendo il viso dietro i palmi delle mani, le spalle scosse da singhiozzi acuti identici a quelli di Charlotte. È una sceneggiata che non dura molto, spezzata dal groviglio di risate che spaccano il petto del militare e dalle dita che Noah gli chiude attorno ai polsi in una presa troppo salda. Si azzuffano come cane e gatto, rotolano sul pavimento del loft e ogni cazzotto è un lamento che finisce con l'essere il preludio di qualcosa di diverso, un desiderio liquido che finisce con l'afferrare il ventre di entrambi e sostituire le minacce con sospiri pesanti.
Scopano tra la cucina e il salotto, senza neanche trovare la forza di trascinarsi fino al soppalco e raggiungere il letto: Noah ha le falangi serrate attorno ai fianchi di Ezra, la bocca inchiodata al suo collo e il cervello ridotto ad una pozza d'acqua tiepida. Ezra gli afferra il viso tra le dita, cercandone lo sguardo con un sorriso sleale, da canaglia, mormorandogli quelle poche parole con un tono arrochito che cola tra le gambe di Noah spezzandogli il respiro.

« Noah... ci prendiamo un cane? »
« Ci prendiamo tutto quello che vuoi. »

--

A riscuoterlo dai ricordi è la puzza di bruciato e il trillo del proprio cellualare. Noah spegne il gas e getta la padella di lato, scrollandosi di dosso la malinconia vischiosa che gli brucia le viscere come una colata di catrame bollente. Risponde al telefono senza neppure guardare il display, e se ne pente immediatamente. La voce dall'altra parte della linea è dolce come miele, e gli si incastra nel cervello assieme alla bestemmia che gli scavalca le labbra.

- Certo che potevi anche lasciarlo a me il sacco di pulci.
- Cristo 'Char, ma che cazzo è, sono diventato un sorvegliato speciale?
- Nah. Ho solo visto Paul che lo portava a spasso stamattina.
- ...
- Com'è che ti sei liberato della belva?
- Com'è che sono passati anni e non ti fai ancora i cazzi tuoi?
- Mi annoio.
- Ficca la testa nel forno e fatti fuori come Sylvia Plath.
- Allora?
- Che.
- Dougall.
- Non mi sono liberato di un cazzo, sta con mia madre per qualche giorno.
- E tu sei in città.
- E io sono in città.
- La nuova fiamma è allergica ai peli di cane?
- Solo a quelli delle cagne come te.
- Carino. E pensi che Ez...

Noah non le dà neanche il tempo di finire quel nome: si strappa il cellulare dall'orecchio e chiude la chiamata con una pressione del pollice, lo stesso che fa scivolare sul tasto di accensione per ammutolire definitivamente l'apparecchio.
Non è mai stato un vigliacco, ma non di inghiottire l'ennesima cucchiaiata di merda, oggi, non ne ha le forze. 

No more fighting, we've given up now
Silence says more than words
Imagination cures loneliness
When you become a prisoner