domenica 16 aprile 2017

I'll Be Good

I never meant to start a fire,
I never meant to make you bleed,
I'll be a better man today


Le feste comandate gli strozzano la gola come un nodo scorsoio, facendolo precipitare in un'insofferenza che neanche l'entusiasmo di Austin riesce a smorzare del tutto. Si è sbarbato, ha recuperato una camicia dall'armadio per far felice sua madre, ha lasciato gli occhiali da sole a casa, li ha sostituiti con un paio da vista e si è guardato allo specchio con lo scoramento palpitante delle bestie trascinate al macello.
Fiori, pasticceria, casa di Charlotte per prelevare Blue e degli auguri risicati che si è cucito in bocca con un sorriso falso come una banconota da tre dollari, il minimo indispensabile per non rovinare la giornata alla figlia e non iniziare una litigata fuoriosa sul vialetto di cemento.
La villetta comprata da Paul e sua madre anni prima è sul fiume, ed è la classica casa americana da staccionata bianca in cui lui ha trascorso una manciata d'anni scarsi prima di piantare in asso tutti, tutto e scegliere di servire nell'esercito americano: Lavinia li aspetta sulla veranda come una sentinella alla ricerca delle prime avvisaglie di un esercito invasore, e quando la macchina si infila nel vialetto salta in piedi con l'agilità nevrotica di chi non dorme né mangia abbastanza; il sorriso che le ravviva l'espressione è elettrico come le scintille che le sfrigolano tra le dita, e il vestito estivo di cotone troppo leggero per la stagione strappa a Noah più di una smorfia.
Però sua sorella oggi sorride, è presente, ed evidentemente non ha ancora deciso di stare abbastanza bene da lasciar perdere i farmaci e ripiombare nel solito calvario privo di senso.
Noah le chiude le braccia attorno al corpo troppo magro e le bisbiglia qualcosa tra i capelli, lasciandola in pasto ad Austin mentre trascina Blue oltre i gradini e la lascia libera di scorrazzare nel soggiorno piccolo ma arredato con cura, saturo di troppe fotografie che ritraggono tanto lui quanto Lavinia da ragazzini.
Sua figlia si inerpica sulle ginocchia di Paul, inchiodato davanti al football con una birra stretta tra le dita e a lui tocca l'analisi clinica di sua madre che ne individua i bendaggi sotto il cotone ancor prima di averlo salutato; sono anni che ha smesso di cercare risposte, e l'unica cosa che si concede è una smorfia di preoccupazione cocente prima di allungargli un cordless bianco, lucido, che Noah fissa con la stessa consapevole ineluttabilità dei condannati a morte.

« C'è tuo padre al telefono. »
« Digli che sono morto. »
« Noah. »

Noah afferra la cornetta e solleva gli occhi verso il soffitto, muovendosi in cucina, oltre il tavolo, per guadagnare il giardino esterno che affaccia sul fiume: l'odore dei barbecue gli si pianta nelle narici mentre guarda la superficie liscia del Delaware, e si ritrova a infilarsi una sigaretta in bocca e prendere un paio di tiri veloci prima di incastrare il telefono contro l'orecchio.

« Mh. »
« Ho saputo che hai lasciato l'esercito. »
« Già. »
« Il tuo accento peggiora di giorno in giorno. »
« Già. »
« Anche la tua capacità comunicativa. »
« Già. »
« Verrò in America per dei seminari, a Giugno. »
« Bene. »
« Confido che mi farai conoscere mia nipote. »
« Già. »
« Verrà anche Joseph. Mi aspetto che tu riesca ad essere più loquace. »
« Come no. »
« Ho capito. Passami tua madre. »

My past has tasted bitter for years now,
So I wield an iron fist
Grace is just weakness
Or so I've been told.


Il pranzo è scivolato via senza grossi drammi, e sua madre cucina sempre per troppe persone; Austin è stato l'attrazione della giornata, inondato dalle attenzioni delle donne di casa che hanno passato il tempo a gravitargli attorno come un esercito di chiocce troppo entusiaste: sua madre lo ha rimpinzato e ha ignorato con classe i momenti di silenzio imbarazzato, sua sorella ha finito con lo sciogliersi la lingua e stordirlo di chiacchiere, cercando di farsi dare informazioni sulla vita scolastica che a lei è negata e Blue ne ha preteso le attenzioni con l'arroganza imbronciata di una regina a cui è stato sottratto il proprio trono.
A Noah è toccato il silenzio di Paul, e la leccata di malumore ustionante che i messaggi di Jude gli hanno marchiato a fuoco nella carne: seduto sul divano con la nuca inchiodata sullo schienale, alterna l'attenzione tra l'ennesima partita che riempie lo schermo della tv e il soffitto del soggiorno.
Il senso di colpa gli schiaccia le costole come un'armatura di metallo, riempiendogli la bocca di un malumore ferroso che neppure la birra riesce a lavare via; si rende conto di sua madre accanto a lui solo quando gli fa scivolare le dita attorno alla mandibola, tendendosi per stampargli un bacio dolciastro contro la tempia.
Noah socchiude una palpebra e sbuffa, ma  non si sottrae, lasciandosi sistemare i capelli e sfilare gli occhiali da sole dal naso: li ha rubati a Lavinia a metà del pranzo, e la montatura viola piena di glitter e le lenti rosa confetto.

« Che hai? »
« Niente 'Mà, solite rogne. »
« Mi ha chiamato Charlotte per gli auguri, stamattina. »
« Pensa un po' che culo. »
« Noah. »
« Eh. »
« Che hai intenzione di fare? »
« Niente. Aspetto che si decida di fare un test e poi si vedrà. »
« Mi ha detto che ti rifiuti di parlarle se non per la bambina. »
« E quindi? »
« Era ora. »

Noah torce il muso di lato e scoppia a scoppia a ridere; lo fa tentando di ignorare tanto le fitte di dolore che gli mordono il costato quanto l'inquietudine che macchia lo sguardo di sua madre: lo scaccia con un sorriso spinoso, poco convincente, che non arriva a scaldarne gli occhi stanchi.

« 'Mà, non farmi quella faccia, va tutto bene. »
« Che hai intenzione di fare con Austin? »
« Che devo fare con Austin? »
« Cercare di essere tollerante, e non pretendere che sappia come prenderti. »
« Cristo, 'Mà. Non è come pensi. »

Il palmo di sua madre contro la fronte è così veloce che neppure lo vede arrivare, in uno schiaffo secco che schiocca contro la pelle tesa ed è troppo flebile per fargli davvero del male. Noah grugnisce e si passa le mani sui lineamenti spigolosi, cercando di seppellire l'imbarazzo che gli brucia la pelle dietro le dita.

« Non mentire a tua madre. »
« ... »
« Ne sei innamorato? »
« Cristo santo, 'Mà! »
« Va bene, va bene. Siamo negli anni sessanta ed è solo un tuo amico. »
« Josephine, smettila di tormentare il ragazzo. »

La voce roca di Paul fa girare entrambi: l'uomo non li guarda, apparentemente più interessato ad osservare il replay dell'ennesimo passaggio che ai loro discorsi. Sua madre sospira, incrocia le braccia al petto e ha uno sguardo carico di biasimo tanto per il marito, che taglia fuori dalla conversazione con un paio di parole più secche, quanto per lui.

« Trattalo bene. »
« Dovresti farli a lui questi discorsi e viziare me. Non il contrario. »
« Invece li faccio a te, visto quanto sei cocciuto: ha diciotto anni, non trenta. Non aspettarti che si comporti come un tuo coetaneo, e soprattutto non fargli scontare colpe non sue. »
« Dio, 'Mà. Vuoi adottarlo? »
« No. Beh, forse. Il bambino che ha trovato il tuo amico? »
« Andato. »
« Che vuol dire? »
« Questione chiusa, non mi va di parlarne. Quei tre dove si sono cacciati? »
« 'Lavinia voleva fargli vedere gli album di foto. »

Il sogghigno divertito di sua madre gli strappa di dosso il malumore, quanto la colpa, lavando via ogni cosa, persino il fastidio che gli si inerpica lungo i dorsali nell'alzarsi in piedi di colpo.
Noah brontola come un adolescente mentre abbandona il salotto e si arrampica su per le scale, chiudendo le dita attorno al corrimano a cui si aggrappa per risalire i gradini più in fretta, due a due.

« 'Lav, ti ammazzo! »
« Gli faccio vedere solo quelle carine, giuro! »

La risata di sua sorella scivola nel corridoio e cola giù per gli scalini, intiepidendogli il costato con quello che ha imparato a riconoscere come sollievo: se è una giornata buona per Lavinia, lo è anche per lui.

I'll be good, I'll be good
And I'll love the world, like I should
Yeah, I'll be good, I'll be good
For all of the times that I never could.