domenica 9 aprile 2017

Hope there's someone - It's dangerous... (2)


Hope there's someone
Who'll set my heart free
Nice to hold when I'm tired

Siria, Aprile 2017
Noah ha la bocca piena dell'odore del fumo e gli occhi lucidi, inzaccherati da un lucore liquido che si perde tra i bagliori che riempiono la notte. L'eco delle bombe lo ha strattonato giù dalle brande e impigliato il cuore tra le costole, gettando l'intera unità in un'agitazione febbrile prima che qualcuno, dall'alto, si degnasse di offrire loro uno stracci di spiegazione.
Il bombardamento ha rischiarato l'oscurità del deserto, allagando l'orizzonte in una linea di fuoco che riempie lo sguardo dei pochi ostinati che, come sentinelle silenti, osservano il massacro che divora il buio in barbaglii di fiamma.
Fuori dall'infermeria, le ginocchia flesse e il culo inchiodato a una scatola di legno universalmente utilizzata come sgabello, Noah alterna l'attenzione tra la foto tessera che si rigira tra le dita e il riverbero del fuoco che inghiotte ogni cosa: in quel quadrato di carta plastificata Charlotte ride, aggrappata al suo collo nel tentativo di strappargli un bacio da cui lui si allontana, la bocca storta in una smorfia storta e il palmo teso per tentare di sfuggire a quell'attacco. È una foto dai contorni mossi, imprecisi, che Charlotte gli ha infilato nel portafoglio a tradimento forse prima di partire, forse prima ancora che li richiamassero al fronte. 
Il vento trascina fino a lui l'eco delle urla e il crepitio di fiamme che in realtà è troppo lontano per poter sentire realmente: ci sono chilometri e chilometri a dividerlo dalla pira funebre che è diventata la base di Ash Sha'irat, e quegli stridii che gli arrivano alle orecchie come suoni ovattati non sono niente più che allucinazioni uditive.

« Dovresti dormire. »

La voce di Ezra lo fa sobbalzare, strappandogli una bestemmia e una frustata di panico irrazionale che gli torce di colpo il muso nella sua direzione. Ezra ha un sorriso assonnato impigliato tra i lineamenti spigolosi e una bottiglia di whisky tra le dita della mano destra; gli mostra l'alcolico con l'orgoglio di chi condivide un tesoro e si getta accanto a Noah con un sospiro, inseguendo con uno sguardo distratto il riverbero distante delle fiamme che fagocitano il confine tra cielo e terra; perde interesse in fretta, preferendo a quella fornace a cielo aperto la foto tessera che Noah rigira meccanicamente tra le dita.

« Mhh, la strega dell'Ovest. »
« Seh. »
« Pensavo aveste deciso di chiudere. »
« Nah. »
« Seh, Nah, Gna. Se devo cavarti una parola alla volta entro e prendo le tenaglie. »
« Abbiamo parlato. Litigato. Mi ha detto che per lei chiudere è una stronzata. »
« ... »
« ... »
« Si è messa a piangere, mh? »
« Si è messa a piangere. »
« Noah... Charlotte è una stronza. Lo sai tu, lo so io. »
« Lo so. »
« ... »
« ... »
« Noah? »
« Mh? »
« La ami? »
« Cristo santo, 'Ez. Che cazzo sono, i cinque minuti delle confidenze tra froci? »
« Rispondimi. »

Noah non risponde, non a parole almeno. Annuisce un'unica volta, abbassando il viso in direzione della sabbia che si allarga attorno a loro a perdita d'occhio e si infila in ogni cosa.
Ezra la sabbia se la sente in bocca, e per un attimo è davvero convinto che Noah gli abbia spinto la testa sul terreno, soffocandolo contro una duna per evitare di rispondere.

« Torno dentro, m'hai rotto i coglioni. »

Noah fa svanire la foto tessera in una delle tasche della divisa e si alza in piedi, voltando le spalle a Ezra con la fretta di un animale braccato.
È solo quando Noah si è già allontanato che Ezra torna a guardare l'orizzonte, ritrovando nelle bruma infuocata che lo riempie l'eco della stessa sconfitta nauseante che gli arde in petto: gli occhi gli bruciano e ci sono un paio di lacrime a scivolargli sulla pelle abbronzata come una magma ustionante, in una colata di vergogna liquida che non riesce a trattenere tra la rima degli occhi e le palpebre.

« Gli uomini non piangono. Fighetta.  »

La frase riecheggia nel cervello di Ezra senza che ci sia nessuno a pronunciarla: la voce di Noah gli si pianta nel cranio, nel petto, fin dentro il cuore, strappandogli di bocca una risata straziata.
Si volta a cercarlo, in un grumo di speranza irrazionale, ma alle sue spalle non c'è nessuno; ci sono solo le loro impronte che si mescolano, confuse, sulla sabbia.

So here's hoping I will not drown
Or paralyze in light
And godsend I don't want to go
To the seal's watershed

Philadelphia, Gennaio 2018
L'areoporto di Philadelphia è infinito, un dedalo di spazi aperti che si asciugano fino a ridursi in rivoli più stretti e corridoi ordinati: non è stato un volo diretto il loro, e Noah ha finito con il perdere pazienza e voglia di parlare, intrappolato in una ragnatela di nervosismo viscoso che ha fatto naufragare ogni tentativo di conversazione di Ezra davanti a dei grugniti mormorati a mezza bocca.

« L'hai avvisata del ritorno? »
« Chi.  »
« Charlotte, chi. »
« No. E non mi devi cacare il cazzo con sta storia. »

Ezra solleva i palmi in una resa incondizionata e sospira. È abituato a farsi abbaiare addosso, e non c'è giorno che non si chieda che abbia fatto di male per finire in quel pantano viscoso da cui, pur provandoci, non è capace di uscire. È lui il primo a vedere Charlotte, riconoscendone la sagoma ossuta e la cascata di capelli biondi che le sfiorano le scapole in mezzo alla folla: solleva entrambe le braccia e le agita a mezz'aria, svuotandosi i polmoni in un richiamo che fa girare verso di loro metà dei presenti.

« Mostro! »

Il movimento svelto con cui Charlotte ruota il capo le muove la chioma dorata come un'onda; non c'è un attimo di esitazione nel corpo sottile come un giunco, e la corsa che la porta tra le braccia di Noah dura appena un istante, spezzata dal balzo con cui inchioda le gambe attorno alla vita del militare e gli getta le braccia al collo. 

« Bentornato a casa, soldato. »

L'espressione confusa di Noah non è un deterrente per Charlotte: ne assalta le labbra e il viso in una cascata di baci ruffiani, morbidi e finiscono con lo sciogliere gradualmente il nervosismo altrui. Lo sguardo che Ezra impiglia tra i lineamenti squadrati di Noah, osservandone le resistenze crollare una dopo l'altra è imbevuto di una malinconia che sa di invidia, slavata dal sorriso soddisfatto che si ritaglia in bocca nell'incontrarne l'occhiata grata, quanto confusa, che il tedesco gli rovescia addosso. 
L'amore è una colpa, o una condanna, ma finché entrambi sono felici può convivere con la voragine che gli si è aperta nel petto anni prima e che, giorno dopo giorno, si allarga facendo strage di ogni cosa.
Ezra sfila gli occhiali da sole dalla tasca della divisa e si incastra sul muso un paio di rayban dalle lenti a specchio, inforcandoli per nascondere il velo di lacrime che lotta per scavalcarne le ciglia scure: allarga le braccia e muove un paio di passi in avanti, puntando ad un branco di ragazzine che non avranno più di una ventina d'anni.

« Signore, il biondo è occupato ma il moro è libero. Eroe di guerra a disposizione. »

There's a man on the horizon
Wish that I'd go to bed
If I fall to his feet tonight
Will allow rest my head

Philadelphia, Aprile 2025
Blue dorme da ore, racchiusa tra le braccia di un sonno ristoratore che Noah è incapace di concedersi ormai da anni. Semi collassato sul divano, con un braccio gettato dietro le spalle di Austin e con una guancia incastrata contro la tempia del diciottenne, osserva lo schermo televisivo con la pigra rassegnazione di un uomo che ha firmato la propria condanna a morte.
Julia Roberts ha la bocca troppo larga, ma probabilmente nel prendertelo in bocca è in grado di risucchiarti anche le palle; pensandoci, alla fine dei conti, una ripassata gliele darebbe pure. Comunica quel pensiero al biondo con uno sbadiglio sfatto, logorato dalla stessa stanchezza che gli intorbidisce lo sguardo e appesantisce i movimenti.

« A lei due botte le avrei date anche io. »
« Vabbé vaffanculo, scusami se non ho una vagina. »
« Visto quanto ti lagni non si direbbe. »

Il cazzotto di Austin contro la spalla lo incassa con una risata trascinata, lasciando vagagare lo sguardo verso le rare fotografie appese alle pareti alla ricerca di un viso in particolare: gli basta inquadrare i lineamenti spigolosi di Ezra per sentire distinamente un "Dovresti dormire" che gli impiglia in bocca un sorriso immalinconito. Chiude gli occhi e lascia Austin a dividersi tra il film e il telefono cellulare, sprofondando in una pozza di nostalgia lancinante che gli chiude lo stomaco e dilania le viscere.
Vorrebbe, davvero, spegnere il cervello e riuscire a dormire.

There's a ghost on the horizon
When I go to bed
How can I fall asleep at night
How will I rest my head